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La città che non muore

Quando ero piccola ho trascorso molti dei miei weekend estivi tra le viuzze, le case di pietra e di tufo dei borghi dei Monti Sibillini, nelle Marche, ricordo tanti fiori ed erbe aromatiche sui davanzali e davanti ai portoni delle abitazioni, botteghe che vendevano pane, formaggi e salumi e panorami meravigliosi. Diciamo che trascorrere mezza giornata a Civita di Bagnoregio è stato un po' come viaggiare nel tempo e tornare alla mia infanzia.

Guardando Civita da questa angolazione, sembra effettivamente un minuscolo paesino composto da quattro o cinque edifici al massimo, in realtà il borgo non è così minuscolo come si può pensare, osservandolo da lontano sembra irreale, un unico piccolo paesino in cima ad una collina immersa nella campagna laziale.


Civita si trova all'interno delle Riserva Naturale dei Calanchi di Bagnoregio, tra la valle del Tevere e il vulcano Vulsino, tra i comuni di Bagnoregio, Lubriano, Vaiano, Civitella D’Agliano e San Michele in Teverina, nel Lazio settentrionale.

Civita era un tempo il cuore di un grande centro abitato, e la vicina Bagnoregio era in realtà solamente un quartiere periferico. La sua storia è intrisa di leggenda. Fu fondata oltre 2500 anni fa dagli Etruschi e sotto le sue mura passava una delle più antiche vie d’Italia, che collegava i centri etruschi dell’entroterra come Chiusi, Spoleto e Cortona alle importanti città della costa, Tarquinia e Cerveteri.


Il paesino è oggi il nucleo più antico del comune di Bagnoregio, è poggiato su un cono tronco e collegato al resto del mondo solo da una passerella percorribile a piedi, in bici o a dorso di mulo. Al suo interno è conservato un centro storico medievale con una chiesa, cattedrale di Bagnoregio fino al 1699, e un palazzo rinascimentale. Nel 1695 a causa di un forte terremoto mezzo paese franò, il sisma cancellò anche l’antica strada di origine romana che portava a Civita.

Avvicinandosi sempre di più si inizia a percepire la profondità e la cittadina non sembra poi così piccola, si intravede anche la facciata della chiesetta e la porta di ingresso al borgo.

Camminando lungo l'unico ponte pedonale che permette di raggiungere la cima della collina ho capito come mai questo stupendo borgo sia effettivamente fragile, la roccia sul quale è stato costruito è soggetta all'erosione, si sgretola, ci sono frane e piccoli crolli che con il passare del tempo possono rappresentare un serio problema per tutti coloro che hanno una casetta trasformata in b&b, un ristorante o un negozio di souvenir.


L’antico borgo è condannato, appollaiato sul tufo, circondato da tutte le parti solo dall’aria. E’ più miracolato che cosa vera, più leggenda che realtà. Il suo nome è antico e semplice: Civita, senza aggettivi e senza specificazioni.


La chiamano la "città che muore" poiché rischia di scomparire per sempre. Ma proprio grazie al fenomeno erosivo provocato dai corsi d’acqua nel fragile tufo, tutt’intorno c'è un paesaggio "d’orrida bellezza", costituito da profondi valloni, rocce strapiombanti e guglie monumentali. Il borgo purtroppo è vittima di questa instabilità geologica. I torrenti Chiaro e Torbido (si chiamano davvero così) e le acque piovane, hanno corroso la friabile argilla su cui poggia la rupe di tufo dell’abitato, composta dalle ceneri dell’antico vulcano Vulsino, provocando continue frane.

Gli smottamenti stanno progressivamente riducendo l’area urbana. Grazie ai rilevamenti fatti di recente è stato possibile iniziare ad adottare soluzioni tecniche per ridurre e mitigare il rischio di crolli. L’area è colpita da una progressiva erosione che sta modificando profondamente la morfologia del posto, negli ultimi 400 anni sono svaniti ben 40 metri di centro abitato.

Però non appena si varca la porta di ingresso del paesino arriva lo stupore. Non si direbbe che questa sia la città che muore! Colori, fiori e piante ovunque, il borgo è davvero molto curato e conserva la sua autenticità e originalità. Oltrepassando la piccola galleria all'entrata si rimane incantati dal suo aspetto senza tempo, con gli edifici medievali abbracciati agli stretti vicoli che si inerpicano sul colle come un labirinto. Oltre ai meravigliosi panorami e alla bellezza del paesaggio, colpisce l’atmosfera suggestiva.

La chiesetta si trova proprio nella piazza principale e dovrebbe essere maggiormente valorizzata, al momento ci sono dei lavori di restauro in corso che speriamo la facciano risplendere sempre di più.

I vicoli sono senza dubbio la principale attrattiva, le stradine sono lastricate di pietra e tutte contornate da vasi di piante e alberelli e le casette in tufo sembrano uscite da un libro di fiabe.

L'ingresso di un'osteria in una delle stradine che si snodano dalla piazza verso la zona più alta del borgo, è come essere invitati a pranzo a casa di Bilbo Baggins!

A sinistra un semplice portone di un'abitazione, probabilmente disabitata, e a destra l'ingresso di un moderno b&b dove la ristrutturazione è avvenuta nel rispetto dell'edificio originario.


In passato la precarietà strutturale ha portato la cittadina allo svuotamento. A metà Ottocento gli abitanti si potevano contare con le dita di una mano, la maggior parte di essi si era trasferita nel comune di Bagnoregio, e per molti anni Civita divenne quasi un borgo fantasma. Fu poi costruito un ponte in muratura che però fu fatto saltare in aria dalle bombe dei tedeschi durante la Seconda guerra mondiale.

Oggi è collegata alla sorella Bagnoregio dal sottile viadotto in cemento ed è un borgo rinato grazie al turismo. Sono gli stessi visitatori a finanziare i servizi offerti dal comune e nella primavera del 2017 è stato avviato l’iter per la candidatura di Civita a Patrimonio mondiale dell’Umanità.

Qui è dove ho sentito odore di focaccia e mi è venuta fame, dopo cinque minuti mangiavo una focaccia ripiena di finocchiona, un salame toscano che non avevo mai assaggiato, buonissimo! In questo territorio a confine tra Lazio, Umbria e Toscana si possono mangiare specialità provenienti da tutte e tre le regioni, dando un'occhiata ai menu affissi dalle trattorie e dai ristorantini si legge un po' di tutto, dai tipici salumi umbri e toscani ai classici primi piatti della tradizione romana come carbonara e amatriciana, ma anche tagliata di cinta senese, cinghiale, specialità al tartufo e cacciagione.

Fu l’abbondanza delle acque, assieme alla lussureggiante vegetazione, a spingere gli uomini, sin dai tempi più remoti, a vivere in questi luoghi e tutto questo sembra rivivere qui oggi.

Ci si sente quasi immersi in un piccolo grande giardino pensile verdeggiante e rigoglioso, è quasi impossibile pensare a questo borgo senza il suo "lato verde", ci sarebbe probabilmente un'atmosfera molto meno vivace. Gli abitanti del posto, e le persone che possiedono qui degli esercizi commerciali, curano l'aspetto verde del borgo. E' grazie alla vegetazione che questo luogo appare così pittoresco (e anche così instagrammabile), i fiori e le piante vanno a completare l'immagine, la cittadina è il quadro e la vegetazione è la cornice.

Ma la bellezza di questa pianta rampicante? Come sarebbe senza?

Ovviamente ci sono scorci molto suggestivi e romantici anche senza piante e fiori, ma gli angoli più belli sono senza dubbio quelli ricoperti di vegetazione.

L'inevitabile graduale spopolamento da qualche anno viene contrastato da una piccola comunità di artisti, giovani del posto e artigiani che hanno fatto la scelta e la scommessa di far rivivere Civita. Un recente ambizioso progetto di tutela e restauro prevede tra le altre cose, il consolidamento della rupe, la nascita di un parco naturale e la costruzione di un accesso carrabile in galleria, che farebbe del borgo medievale una sofisticata cittadella della cultura.

Civita di Bagnoregio non muore anzi è più rigogliosa che mai! E' candidata a diventare Patrimonio dell'Unesco e spero vivamente possa continuare ad essere custodita e salvaguardata.

Fonti:

- Puglisi (2000) Treni & Bici Lazio Settentrionale Volume 1. Ediciclo - Palmucci (2018) La speranza non ha fine. Booksprint - Bilotta, Flora, Lirer, Viggiani (2013) Geotechnical Engineering for the Preservation of Monuments and Historic Sites. CRC Press - Ielardi (1992) Il Lazio più bello. A piedi, in auto, in bicicletta. Edizioni Mediterranee

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